26 Luglio 2025
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Quando si parla di pugilato a Rieti, un nome emerge su tutti: Paolo Rosi. Un uomo che, con i suoi pugni e il suo cuore, riuscì a portare una piccola città laziale sotto le luci del Madison Square Garden di New York.

Nato il 28 gennaio 1928 in via Sant’Anna, Rosi crebbe tra le viuzze di Porta d’Arce, quartiere che sarebbe sempre rimasto il suo punto di riferimento. È qui, nella palestra di San Liberatore, che iniziò a muovere i primi passi da pugile, seguito dal maestro Umberto Santini. Negli anni ’50, il giovane Paolo era già una promessa: il suo stile aggressivo, il fisico compatto e un destro che faceva male gli valsero il soprannome di “Bombardiere Calvo”.

Dalla provincia al sogno americano

Nel 1951 arrivò il debutto tra i professionisti. Il pubblico reatino lo seguiva con entusiasmo, affollando il Flavio Vespasiano e il Cinema Teatro Moderno per vederlo combattere. Ma il suo destino era altrove.

Nel 1952 lasciò l’Italia per cercare fortuna in America. New York lo accolse come un figlio adottivo e, poco dopo, Paolo Rosi calcava il ring del Madison Square Garden. Il suo accappatoio portava cucita, a grandi lettere, una scritta che lo accompagnò per tutta la carriera: “RIETI ITALY”. Era il suo modo di dire al mondo da dove veniva.

Le grandi sfide e il titolo mondiale sfiorato

In pochi anni Rosi affrontò e batté alcuni dei migliori pugili del suo tempo: Johnny Busso, Frankie Ryff, Johnny Gonsalves e persino il futuro campione Flash Elorde, che sconfisse ai punti in un match memorabile.

Il 3 giugno 1959 arrivò l’occasione che ogni pugile sogna: la sfida per il titolo mondiale dei pesi leggeri contro Joe Brown. A Washington, davanti a migliaia di spettatori, Rosi lottò come un leone. A Rieti, nel cuore della notte, centinaia di persone si erano radunate in piazza per seguire la radiocronaca. Sembrava fatta: Paolo era in vantaggio, ma un taglio all’ottava ripresa lo costrinse al ritiro. Il titolo sfumò, ma quella notte il “Bombardiere Calvo” divenne leggenda.

Un legame indissolubile con Rieti

Anche quando viveva dall’altra parte dell’oceano, Paolo Rosi non dimenticò mai le sue radici. Tornò a Rieti nel 1997 per partecipare alla Processione dei Ceri, un momento che raccontò come uno dei più emozionanti della sua vita.

Nel 2016, la città lo ha voluto ricordare intitolandogli la piazza di Porta d’Arce, il quartiere dove era cresciuto. Due anni dopo, anche la palestra di San Liberatore, dove tutto era iniziato, ha preso il suo nome.

L’uomo dietro al pugile

Dietro al combattente c’era un uomo di valori: determinato, orgoglioso, legato alla sua terra. Con 49 incontri disputati (37 vittorie, 15 per KO), Rosi rimane uno dei pesi leggeri italiani più forti della storia, capace di farsi rispettare in un’epoca d’oro del pugilato.

Un’icona reatina

Paolo Rosi morì negli Stati Uniti, lontano dalla sua Rieti, ma la sua storia continua a vivere. Nei racconti dei più anziani, negli archivi sportivi e nelle nuove generazioni che ancora oggi ascoltano la sua leggenda, Paolo Rosi è il simbolo di chi parte da un quartiere di provincia e, a forza di colpi e sacrifici, arriva a sfidare il mondo.

Paolo Rosi non fu solo un pugile, fu un ambasciatore di Rieti. Il suo nome è inciso nella memoria della città come quello di un uomo che non ha mai dimenticato le proprie origini, portandole con sé in ogni incontro, in ogni vittoria, in ogni sconfitta. Il “Bombardiere Calvo” resterà per sempre il campione che fece conoscere Rieti al mondo.